Sono arrivati soccorsi, fondi extra, sono stati aperti numeri speciali ed iniziative per donare soldi alle popolazioni colpite, com'è giusto che sia e come dovrebbe essere per tutto. Ma c'è un particolare: gli aiuti e la solidarietà, neanche a dirlo, sono sempre ad orologeria.
Invito tutti a vedere le condizioni in cui versano quartieri periferici di Napoli come Poggioreale o Gianturco ogni qualvolta cade una goccia di pioggia in più. A volte è accaduto che la pioggia portasse a valle addirittura tombe del famoso cimitero.
Ma a nessuno importa nulla di questo. Ma c'è dell'altro. I territori calabresi, basilicatesi e salernitani sono molto fangosi, hanno un terreno molto instabile e non sono così insolite frane e alluvioni.
Qualche mese fa, ricordo, nel salernitano ci fu una terribile alluvione che costrinse gli abitanti a rimanere senz'acqua corrente per almeno due settimane. Risultato: nessuno ne ha mai parlato neanche a parte le testate dei quotidiani locali. E che dire delle quotidiani alluvioni nei territori paludosi della Basilicata e della Puglia?
Ma nessuno fa niente per la popolazione meridionale. Se muore uno del Sud è come se fosse morto un topo o una mosca. E meno male che, secondo i commenti su You Tube, per le vie del capoluogo ligure galleggiavano divani gettati per strada dai cittadini (strano, ero convinto che succedesse solo a Napoli...).
E poi, diciamo la verità, se Napoli subirà una calamità simile, importerà a qualcuno? Ci sarà solidarietà? Ci saranno raccolte fondi, numeri speciali o iniziative? No, al contrario. Il giorno in cui il Vesuvio erutterà (purtroppo inevitabile) sarà dichiarato senz'altro festa nazionale. E allora, mi chiedo, perché dovrei dare solidarietà e aiuto a chi non lo dà mai? Perché devo mostrare rispetto per i nostri carnefici?
E poi, diciamo la verità, se Napoli subirà una calamità simile, importerà a qualcuno? Ci sarà solidarietà? Ci saranno raccolte fondi, numeri speciali o iniziative? No, al contrario. Il giorno in cui il Vesuvio erutterà (purtroppo inevitabile) sarà dichiarato senz'altro festa nazionale. E allora, mi chiedo, perché dovrei dare solidarietà e aiuto a chi non lo dà mai? Perché devo mostrare rispetto per i nostri carnefici?
E, proprio mentre sto scrivendo questo post, arriva un tweet di Angelo Forgione, giornalista molto famoso in ambienti meridionalisti e antirisorgimentali. Il tweet è il seguente:
ALLUVIONE A GENOVA, E PAOLO VILLAGGIO DICE CHE È COLPA DEL SUD. Sono veramente nauseato! Ascoltatelo.http://fb.me/Yu9YUSx7
Direi che capita proprio a fagiolo. Ecco come è ricambiata la solidarietà. Io di certo non l'ho data, mai la darò. Dispiace, ovviamente, per i morti comunque innocenti ma non più di questo. Concludo copiando parola per parola il post di Angelo al riguardo:
Attenzione, questa è una denuncia convinta, non un pianto sterile. E per dimostrarlo bisogna ricordare a Paolo Villaggio, vittima della peggiore retorica risorgimentale, che i Borbone erano avveduti anche nella prevenzione delle alluvioni.
Basterebbe citare i “Regi Lagni”, un’opera di bonifica che consentì di porre un argine alle inondazioni nelle campagne del Casertano e del Nolano, dando nello stresso tempo fertilità alle aree agricole attraverso un’irrigazione regolata da canali e diramazioni. La raccolta delle acque piovane e sorgive convogliate dalla zona nord di Napoli verso la provincia per poi sfociare in direzione del mar Tirreno, tra la foce del Volturno e il lago Patria, è un’opera di alta ingegneria geologica, ancora utile oggi se non fosse che è diventata con la gestione moderna, che certamente borbonica non è, una discarica a cielo aperto da maltrattare con sversamenti illegali.
Basterebbe citare i “Regi Lagni”, un’opera di bonifica che consentì di porre un argine alle inondazioni nelle campagne del Casertano e del Nolano, dando nello stresso tempo fertilità alle aree agricole attraverso un’irrigazione regolata da canali e diramazioni. La raccolta delle acque piovane e sorgive convogliate dalla zona nord di Napoli verso la provincia per poi sfociare in direzione del mar Tirreno, tra la foce del Volturno e il lago Patria, è un’opera di alta ingegneria geologica, ancora utile oggi se non fosse che è diventata con la gestione moderna, che certamente borbonica non è, una discarica a cielo aperto da maltrattare con sversamenti illegali.
E cosa dire dell’Arena Sant’Antonio, un alveo costruito dai Borbone affinchè la città di Napoli non si allagasse? Utilissimo fino al 1990, anno in cui è stato strozzato dai lavori dei mondiali di calcio “Italia ’90″, cioè lo Stato italiano e non i sudisti o i Borbone. Un alveo a cielo aperto in alcuni tratti per convogliare le acque reflue, tombato in altri, lungo 4,5 chilometri; che dai Camaldoli, nei pressi dell’Eremo Benedettino, scende a Soccavo e a Fuorigrotta sboccando in mare sulla spiaggia di Coroglio. Tutto questo ora avviene con enormi difficoltà a causa delle sezioni non uniformi, dellle pendenze variabili, del sovraccarico dovuto alla selvaggia urbanizzazione della collina vomerese e dei manufatti obsoleti, non per colpa dei Borbone. E fino a qualche anno fa, quando si intervenì per limitarne i danni dei Mondiali, gli spogliatoi dello stadio si allagavano ad ogni pioggia leggermente più intensa.
E poi la bonifica delle Paludi Sipontine, del bacino inferiore del Volturno, l’inalveazione del fiume Pelino, la colmata dei pantani del lago di Salpi e tanti altri interventi dovuti al fatto che i Borbone sapevano benissimo che la componente lavica del territorio meridionale, che tanto rendeva fertile il suolo, necessitava di sostegno per la sua friabilità. E per impedire i franamenti a valle, attuarono la deviazione e l’accoglimento in vasche e bacini delle acque straripanti a valle.
twitter @TDarkGladiator
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