lunedì 12 dicembre 2011

Il Natale di Torino e il Natale di Napoli secondo il Tg1

Domenica sera vidi un servizio del Tg1. Non mi capita spesso una tale sciagura, ma le condizioni hanno fatto sì che io abbia assaggiato una fetta di quel giornale. In particolare mi ha colpito un servizio, che doveva essere in perfetto stile "Studio Aperto"

su come si vivono le settimane pre-natalizie nelle città italiane. Le due città messe a confronto, per l'occasione, erano Torino e Napoli. Ovviamente ascolto il servizio con attenzione e sento cose che mi fanno riflettere molto.

Ho visto e sentito una Torino felice, allegra, ricca, che passa le sue settimane che precedono il Natale e Capodanno in luci, feste, panettoni, cotechini; ho visto gente torinese che va a fare un sereno, rilassato e meritato shopping dopo una dura giornata di lavoro; ho visto un'economia che va a gonfie vele, città affollate dai turisti, alberghi stracolmi per le prenotazioni che fioccano, denaro che entra, amministratori soddisfatti, che sono addirittura riusciti a sconfiggere la crisi che ha declassato Francia e Usa...

E poi ho visto e sentito la solita Napoli, squallida metropoli decaduta del Sud. Il servizio inquadrava una strada anonima, di pieno pomeriggio, deserta e con negozi chiusi (mentre a Torino si sono inquadrate le vie del centro). E via con le solite cose, il solito duopesismo:



Ho visto e sentito di gente svogliata, troppo oziosa perfino per andare a comperare i regali, troppo avara per spendere quel centesimo in più richiesta dal legittimo governo di Monti che altro non è da considerarsi se non un briciolo di tutte le ruberie del Sud a 150 anni a questa parte;

Ho visto e sentito una città attanagliata da una crisi che non lascia scampo, che non consente nemmeno il più elementare e classico shopping natalizio. Ho visto strade deserte, negozi chiusi, alberghi vuoti, turisti che abbandonano una città in ginocchio.
Insomma, Torino paragonabile ad una sviluppata città del Nord Europa che sembra immune a qualsiasi recessione e sembra non conoscere la parola 'crisi'; Napoli paragonabile a quelle metropoli del Nord Africa stravolte dalle guerre civili degli ultimi tempi e che vive una gravissima crisi dal quale non sa se ne uscirà mai.

Tale è lo scenario, lo schema perfetto delle due Italie: l'una ricca sempre sorridente, l'altra povera sempre mortificata e flagellata. E la cosa che fa riflettere non è la differenza di misure adottate per il Nord e per il Sud (ormai ci siamo assuefatti a tale scempio), ma è il fatto che

sia Torino che Napoli rappresentano, rispettivamente, la quarta e la terza città più importante d'Italia, quindi si presuppone che vivano sulla stessa barca, che siano consapevoli, coscienti e solidali nelle loro rispettive crisi. Ma i conti non tornano affatto. Torino = benessere, ricchezza e produttività e Napoli= crisi, disoccupazione e povertà è un'equazione che ammette due soluzioni:
  1. Il Tg1 ha messo in atto l'ennesima bufala della gestione Minzolini. Non è la prima volta e non sarà l'ultima. In assenza di notizie davvero importanti da dare (o troppo importanti per essere date) tutti i Tg fanno a gara a chi la spara più grossa, a chi inventa lo scoop a tutti i costi pur di non parlare dei problemi reali dell'Italia e di dare un'esca alla popolazione, la quale, puntualmente, abbocca. E gli argomenti, a ben rifletterci, non sono poi così vari: possono parlare del caso inventato di una rapina, di un furto sventato, possono riciclare una notizia di un omicidio avvenuto anni fa, possono "riadattare" un servizio di Tv inglesi e americane per far finta di parlare di estero, di guerre del petrolio in Africa e Medio Oriente. A volte la gara si trasforma a chi spara la notizia più assurda e, in questo, è una lotta senza quartiere tra Tg1 e Studio Aperto: il primo apre le danze parlando di un gatto che ha ereditato immensi patrimoni da una vecchia vedova deceduta, il secondo ben tiene dando notizie raccapriccianti riguardo l'ultimo matrimonio di una celebrità o l'ultima notizia (inventata) dell'omicidio di Sarah Scazzi, di Yara Gambirasio, di Melania Rea e di altre fiction aperte. E poi, quando la noia raggiunge lo zenit, in quelle piovose domeniche di dicembre, quando il più grande ammortizzatore sociale degli ultimi anni per quantità di lavoro regalato a giornalisti, opinionisti e politicanti, Silvio Berlusconi, è sparito definitivamente dalla circolazione, non rimane che la solita, cara, vecchia, insostituibile, Napoli. Basta un bel servizietto facile facile sull'ultimo scippo avvenuto settimane fa visto come causa di una degenerazione indelebile e inarrestabile, unito con statistiche inventate o poco attendibili che vedono tutte le metropoli italiane ed europee come Giardini dell'Eden in cui non c'è una carta in terra, non un borseggio, non una rapina e mescolato con studi, reportage e documentari che confermano la bassezza e l'inferiorità dei napoletani e la ricetta è pronta: un altro mese in cui il giornalista-sciacallo di turno potrà sfamare la sua famiglia. E poco importa se a rimetterci è una Provincia intera di quasi 4 milioni di abitanti. L'importante è aver soddisfatto il direttore. Ma, tranquilli, sono in ottima compagnia. Anche i comici, da Antonio Cornacchione a Enrico Brignano e, ultima ma non ultima, la recente battutaccia di Gene Gnocchi sulle rapine alle mogli dei calciatori, sommata ai tanti piccoli commenti di persone e media che parlano di Napoli come uno zimbello fisso, un'accozzaglia di camorra, rifiuti che vanno e vengono (mentre l'emergenza vera e propria è finita da più di un anno nel silenzio generale), disoccupazione e poca istruzione rendono Napoli ciò che è. Contribuiscono moltissimo, con questo tipo di commenti, di paroline, di "proverbi" a rovinare l'immagine della città partenopea. Se Napoli è ciò che è, la causa è da ricercarsi anche e soprattutto dall'esterno, dai continui ritratti manomessi che vengono mostrati. Poi dall'atteggiamento inadeguato di molti abitanti.
  2. La crisi non esiste per tutti, non è un fenomeno globale come lo vogliono far sembrare. Le immagini mandate in onda dal Tg1 corrispondono perfettamente alla realtà e descrivono due Italie l'una opposto dell'altra: la prima composta esclusivamente di ricchezza, benessere e felicità; la seconda solo di povertà, miseria, disoccupazione e crisi. Non è una novità. E' un andazzo che va avanti da quando l'Italia fu sciaguratamente unita, il Sud, il Regno delle Due Sicilie, Napoli rappresentavano il centro dell'economia, il fior fiore della cultura, del progresso. Una sorta di Scandinavia del XIX secolo. E fu rapinata, distrutta, depredata, saccheggiata, insultata, mortificata e denigrata da ladri tagliagole che noi siamo costretti a decantare nelle nostre feste; le medaglie, i riconoscimenti, gli onori sono riservati ad assassini senza gloria; a Torino vi è un museo in cui vengono esposte le reliquie, gli scheletri e le ossa dei briganti catturati, deportati e lasciati morire di stenti nei lager savoiardi a causa di pseudo-teorie di un tale chiamato Lombroso, scienziato che dimostrò l'inferiorità di razza, di natura della popolazione meridionale. Un vero e proprio Protocollo dei Savi di Sion. Ma è assolutamente inutile adesso ripetere tutte le testimonianze e le documentazioni che circolano tranquillamente su internet e nei libri appositi. La crisi esiste solo ed esclusivamente al Sud. Il Nord invece è una sanguisuga che spreme in continuazione il limone e lo butta via. E alla fine è lo stesso Sud ad essere etichettato come palla al piede.



Ecco, queste sono le due possibili soluzioni alla vicenda. Sinceramente non so quale delle due preferire. Ma, in ogni caso, da qui non si scappa.

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