venerdì 28 dicembre 2012

Agghiaccianti testimonianze sui "soccorsi" del terremoto di Messina del 1908

Un giovinetto sui quindici anni, bello, biondo, ricciuto, dalle fattezze delicate e che a tutt'i segni pareva di gentile lignaggio [...] s'era salvato per un prodigio e, avendo trovato una camicia e un paio di pantaloni fra le macerie, li aveva raccattati per vestirsi. Arrestato (per sciacallaggio)... andava chiamando invano "mamma! mamma!". Il buon maggiore guardò la creatura supplichevole, guardò i carabinieri accigliati [...]. Si voltò dall'altra parte e ordinò:"Fate il vostro dovere", riferisce un cronista e testimone, Giovanni Alfredo Cesareo. Fucilato!




Un vecchio si avvicinava piangendo a un gruppo di soldati "richiede d'aiuto, perché la sua figliola gemeva viva ancora sotto le macerie. Non possiamo - gli risposero: Aspettiamo il nostro capitano", riferisce Longo. E poi: "Gemeva la famiglia Borzì, sotto le macerie [...] i genitori e altri figli erano ancora in condizioni tali da poter essere salvati [...]. Un ufficiale di fanteria li sentì - li vide ed ebbe l'empio coraggio di andare oltre, mormorando: Ho da fare".


Goffredo Bellonci, del "Giornale d'Italia", racconta di "un vecchio bianco, curvo, con gli occhi aridi e un tight frusto" che "domanda ad ogni minuto", all'onorevole Micheli (uno dei veri eroi civili, di quel disastro, per quanto bene fece, al fine di risollevare le condizioni e il morale dei sopravvissuti):"Mi dà il permesso di prendere mio figlio?". Il corpo del ragazzo è sotto le macerie e il padre non vuole che imputridisca sotto la pioggia, vorrebbe almeno rispettare i resti. Ma nemmeno l'onorevole può contraddire l'ordine del generale Mazza, il vecchio rischierebbe d'essere giustiziato sul posto. Nel muto imbarazzo dell'interpellato, l'uomo continua la sua cantilena:"Mi dà il permesso, onorevole?". Il giornalista si allontana sconvolto.




"Lasciate che io riveli la miseria di questa spedizione governativa, che non ha provveduto a nulla e a nessuno [...] sono morti di inazione e di soffocazione parecchie migliaia di uomini sepolti". Il Duca di Genova arrivò a Messina tre giorni dopo il sisma, "con a bordo 3200 uomini di truppa, barelle e altra roba, scarsa sì, ma di pronto soccorso", annota Longo: ma nessuno e niente scese dalla nave, per tre giorni, perché il generale Mazza non aveva completato i suoi piani.



Un cronista narrò che i superstiti di Villa San Giovanni tentarono invano, per giorni, di attirare l'attenzione di possibili soccorritori:" Passavano navi italiane, si gridava, si tiravano fucilate: esse proseguivano. Era l'esclusione totale dal mondo dei viventi, mentre i feriti gemevano, i morti imputridivano.... Cinquecento persone di più sono morte per mancanza di soccorsi".



Fonte: Pino Aprile, "Giù al Sud".

giovedì 20 dicembre 2012

Mail inviata a Striscia la Notizia

Ho inviato questa mail di protesta all'indirizzo:

gabibbo@mediaset.it

per l'indecente drammatizzazione  effettuata ai danni dei napoletani. 

Vi invito a fare lo stesso.





Gentile Redazione di Striscia la Notzia,

Sono rimasto alquanto deluso dopo aver preso visione dello spezzone mandato in onda durante la puntata del 19 dicembre 2012 a proposito dei furti nei parcheggi al supermercato. Siete partiti con un intento nobile: mettere in guardia persone vulnerabili e ingenue, come le persone anziane, da truffatori da due soldi. E poi? Cosa è successo? Siete caduti come pere cotte sulla drammatizzazione dei suddetti furti, vi siete autoimprigionati in pregiudizi e luoghi comuni che una televisione vista da tutti gli italiani come voi non può permettersi.

Era proprio necessario far parlare in napoletano i truffatori e in milanese le vittime? Per qualche motivo avete fatto tutto ciò? Era così difficile assumere dei doppiatori con un neutro accento italiano? Io non credo ai complottismi, però sono cose che mi danno da pensare; cose che dicono che gli italiani non sono ancora tutti uguali; cose che testimoniano ancora dei tentativi di denigrazione e di diffamazione degli uni rispetto agli altri. Ripeto la mia delusione nei vostri confronti. 

Buona serata.

lunedì 17 dicembre 2012

Il decreto di Ferdinando I di Borbone sull'immigrazione del 17 dicembre 1817

Ecco il decreto promulgato il 17 dicembre 1817 da Ferdinando I sull'immigrazione all'interno del Regno Delle Due Sicilie. Anche qui il Sud era avanti anni luce rispetto alle altre nazioni anche dell'attuale Italia.


“Ferdinando I, Per la grazia di Dio, Re del Regno delle Due Sicilie, di Gerusalemme, Infante di Spagna, Duca di Parma, Piacenza, Castro, Gran Principe ereditario di Toscana”, è la sequenza dei titoli che precedono il testo della legge che, sin dal preambolo, chiarisce che a poter beneficiare della concessione della cittadinanza potranno essere solo chi è utile allo Stato: “Volendo dare un attestato della nostra benevolenza verso di quegli stranieri i quali pe’ loro talenti, pe’ loro mezzi, o per via di contratti vincoli si rendono giovevoli allo Stato, con accordar loro il godimento di quei diritti, che dalla naturalizzazione risultano …Abbiamo risoluto di sanzionare, e sanzioniamo la seguente legge”.
Nell’articolo I si precisa che “potranno essere ammessi al beneficio della naturalizzazione del nostro regno delle Due Sicilie”, nell’ordine:
1. Gli stranieri che hanno renduto, o che renderanno importanti servizi allo Stato;
2. Quelli che porteranno dentro lo Stato de talenti distinti, delle invenzioni, o delle industrie utili;
3. Quelli che avranno acquistato nel regno beni stabili, su i quali graviti un peso fondiario almeno di ducati cento all’anno.
Al requisito indicato né suddetti numeri 1, 2, 3 debbe accoppiarsi l’altro del domicilio nel territorio del regno almeno per un anno consecutivo.
4. Quelli che abbiano avuta la residenza nel regno per dieci anni consecutivi, e che provino avere onesti mezzi di sussistenza; o che vi abbiano avuta la residenza per cinque anni consecutivi, avendo sposata una nazionale.

lunedì 3 dicembre 2012

Il manifesto di Donatella Galli NON è un fake

Ha fatto il giro del web questo manifesto apparso dopo il commento della leghista Donatella Galli su Facebook in cui inneggiava al Vesuvio, all'Etna e al Marsili per far scomparire il Sud:




Arriva pronta la rettifica della diretta interessata, minacciando anche battaglie legali contro chi ha preso la sua foto, modificata e distribuita. Non voglio entrare nel merito delle frasi, considerate vergognose e inqualificabili  da chiunque sia sano di mente e con un briciolo di cultura e umanità. Ma si è davvero certi che questo sia un "fake"?

Analizzando ogni frase del manifesto si ottiene tale riscontro:
  • Io sono una BASTARDA leghista e me ne vanto: frase che non sorprende nessuno che conosca bene la Lega, anzi, in piena sintonia con il linguaggio rozzo intrinseco nell' "ideologia" leghista;
  • Voglio che il Vesuvio e l'Etna facciano una strage di meridionali: su Facebook, sotto l'immagine satellitare ritoccata di un'Italia senza il Sud, commentò:"Forza Etna, forza Vesuvio, forza Marsili". Il commento è veritiero, concreto e verificabile al 101%, quindi non c'è proprio nulla di falso;

  • I meridionali per me come erano gli Ebrei per Hitler e vanno messi nei forni: questa è l'affermazione che più potrebbe far riflettere: sarebbe un vero suicidio politico-giudiziario inneggiare Hitler e alla Shoa in un manifesto pubblico. Una volta che il sangue sia defluito dal cervello, si potrebbe ragionare e perdere la fede dell'autenticità del manifesto. Vorrei, però, ricordare che stiamo parlando della Lega, partito anticostituzionale, palesemente xenofobo e razzista che siede in Parlamento in barba a qualsiasi norma civile, morale, culturale e giuridica. Inoltre, da un partito che pubblicò un manifesto (autentico al 100%) come quello riportato a fianco, ci si può aspettare di tutto: 





In conclusione:

Dov'è il falso? Dove sono le bugie? Si può dire che non l'ha creato di proprio pugno e di non spontanea volontà, ma i medesimi concetti sono stati ribaditi numerosissime volte sia da lei che dai suoi colleghi. L'affermazione riguardate Hitler è anch'essa veritiera in quanto solo una diretta conseguenza delle sue parole.