sabato 21 gennaio 2012

Udite udite: Benevento chiede la separazione dalla Campania. Causa Napoli.

Ebbene sì. Il Sud, anziché compattarsi, unirsi e formare un unico corpo indivisibile per resistere ai soprusi settentrionali, pensa anche a crearsi una Lega fai-da-te.
Stavolta tocca alla provincia di Benevento rendersi protagonista del ben poco lusinghiero teatrino. Il coordinatore provinciale beneventano, Luigi Bocchino, chiede la scissione del Sannio dalla Campania e l'annessione al Molise al fine di creare una nuova regione, il Molisannio.

Tutto questo, ovviamente è assurdo, grottesco, incivile, quasi puerile. La motivazione, avanzata dal fondamentale, instancabile e, soprattutto, indipendente partito Noi Sud, è l'evidente, insopportabile e inammissibile "Napolicentrismo".

Vi spiego cosa vuol dire questa parola misteriosa secondo i dotti e i filosofi coordinatori beneventani:"Napoli gode di troppa considerazione rispetto alle altre province. Tra i privilegi del capoluogo, viene elencata la nascita della Acn (America's Cup Napoli), la società che dal 2012 gestirà l'evento, accusata di curare i soli interessi della città, mentre al Sannio e a Benevento resterebbero solo le briciole" (Da "L'espresso" del 26 gennaio 2012).

Vorrei che tuti voi lettori capiste il dramma che vivono questi poveri amministratori beneventani. Napoli è il capoluogo della Campania, ex capitale del glorioso Regno delle Due Sicilie, ma non è giusto che sia considerata sui palcoscenici italiani ed esteri più importante delle altre città campane; Napoli ha superato le selezioni tra migliaia di città mondiali per aggiudicarsi la Coppa America (sempre ammesso che la si porti a compimento, vista l'incapacità che sta dimostrando la giunta, da questo punto di vista) ed è assolutamente ingiusto che la Regione Campania fondi un'associazione atta a prendere in mano le redini dell'organizzazione; e, soprattutto, la cosa più grave è che, essendoci la Coppa America a Napoli, nessuno abbia pensato a Benevento in occasione della stessa!

Chiedo scusa il tono piccato e acido con il quale scrivo, ma dinnanzi a certi orrori è davvero difficile rimanere freddi e imparziali. Credo che le parole del coordinatore Bocchino abbiano fatto presa su un gruppo di montanari pensionati la quale mente, confinata 24/7 tra le mura del fienile o dell'orto, non riesce ad estendersi al di là delle Colonne d'Ercole del proprio paesello.

Queste sono davvero parole vergognose, fatta da gente indegna, superficiale, e provinciale. Gente rimasta ancora al medioevo o giù di lì. E questa è una delle tante piaghe che affliggono il Sud: ognuno pensa al proprio affare, alla propria vita, al proprio tornaconto, alla propria casetta, al proprio paesello. Vergognatevi.

mercoledì 18 gennaio 2012

Disastro Concordia? Colpa di Napoli naturalmente

E' passata quasi una settimana, ormai, dalla tragedia della nave da crociera Cosa Concordia. L'evento è stato assolutamente inspiegabile: pare molto difficile, con le moderne tecnologie, urtare uno scoglio o arenarsi su una secca per le navi di oggi. La faccenda è stata, inevitabilmente, strumentalizzata dai media nazionali onde trovare un argomento valido e, al contempo, "toccante" su cui far concentrare la popolazione, rendendola cieca e sorda a problemi più rilevanti (senza, con ciò, nulla togliere alla gravità della situazione o mancare di rispetto ai familiari delle vittime), metodo già adottato ampiamente, tra l'altro, per casi di cronaca come gli omicidi di Sarah Scazzi, Yara Gambirasio e Melania Rea.


Ma io vorrei mettere il fuoco della situazione su un punto che i media non hanno ritenuto, evidentemente, abbastanza rilevante. A causare il disastro è stato un comandante di nome Francesco Schettino, nato a Sorrento, lavoratore nella Costa Crociere dal 2006. Ora, non vorrei impiantare un discorso improvvisando il sottoscritto un marinaio provetto o un lupo di mare, pertanto non sarà certo un articolo basato su una critica del metodo di navigazione di Schettino. Sarà, altresì, scopo di questo articolo analizzare la superficialità e l'infamia tutta italiana.

Ai critici in questione non è mancato di sottolineare la provenienza geografica di Schettino. Un manipolo di persone, di discutibile cultura e umanità, non ha mancato di scagliarsi inferociti, accecati da un odio inspiegabile, sordo, manipolato verso il Sud e, in particolare, Napoli, città natale di Schettino. Costoro hanno imbottito i numerosi video disponibile su You Tube, a proposito della telefonata tra il capitano De Falco e il comandante stesso, di commenti assolutamente fuori luogo, privi della benché minima argomentazione, secondo i quali la spiegazione del disastro era da attribuirsi a Napoli e all'ignoranza, alla disonestà e alla pigrizia che contraddistinguono, a loro dire, la città partenopea.

Voglio sperare che, coloro che leggeranno quest'articolo, le mie parole appariranno insolite, perfino comiche. Come sarà possibile attribuire tutto questo al semplice fatto che Schettino sia napoletano? E, soprattutto, in che modo ha influenzato questa caratteristica? E, ancora, ponendo per assurdo che i commenti stracolmi di pregiudizio siano reali, come mai non vale lo stesso per De Falco, napoletano anch'egli, ma osannato, quasi santificato, suo contrario? Purtroppo, una simile reazione, ce l'avrà solo colui che è scevro da pregiudizi e idee preconcette fondate sulla sabbia bagnata. Ma, purtroppo, non tutti sono così fortunati. Vi spiego come è stato possibile un tale exploit di commenti tanto indegni, da meritare quasi l'arresto, per qualsiasi Paese, di un minimo, civile.










Torna utile, quindi, premettere che il Sud Italia (e Napoli in particolare), sono vittima di un continuo lavaggio del cervello mediatico. Non sto parlando di articoli o di denigrazioni da titoloni, o di notizie fondamentali. Sto parlando di frasi dette di sfuggita, come se ci fosse uno zimbello fisso, uno stereotipo platonico immutabile al quale, facendo di continuo riferimento, non si avrà mai l'occasione di cadere in errore. Ne potrei citare una marea. Un mese fa, un certo Pierluigi Diasco, opinionista discutibile de "La vita in diretta", rubrica pomeridiana di Rai 1, commentando il caso di una vittima di stalking che aveva denunciato la troppa libertà dell'accusato, aggiunse con sdegno:"Va bene che l'ambiente è Napoli, però..." come se Napoli fosse sinonimo di illegalità, di mancanza di senso delle regole e di ingiustizia diffusa;

Arturo Brachetti, intrattenitore trasformista, fu derubato dell'orologio a Lugano e scrisse, sul suo profilo Facebook,:"Mi hanno derubato manco fossi a Napoli"; Gene Gnocchi, comico sportivo, pronunciò l'infelice battuta:"Mazzarri ha annunciato il turn-over: domenica verranno derubate solo le mogli delle riserve" ignorando ragionevolmente i furti ben più clamorosi avvenuti a Torino, a Milano, a Firenze e a Roma, prerogando il furto solo per Napoli; Enrico Brignano, comico romano, durante un suo spettacolo, recitò uno sketch in cui imitava i dialetti italiani: arrivato al napoletano (non sapendo che è una lingua riconosciuta dall'UNESCO e non un dialetto) pronunciò le seguenti parole: "Munnezza"; "Puzza"; "Camorra"; "Mariuolo (ladro)".

Potrei continuare a lungo su questa strada e vi assicuro che di esempi ne conosco parecchi. La denigrazione del Sud ha origini relativamente recenti, più precisamente nel periodo immediatamente precedente il Risorgimento, che ha visto oggetto l'intero Meridione, costituente uno Stato immensamente più ricco, benestante e avanzato degli altri, la cui capitale Napoli fu addirittura assassinata (secondo la citazione di Gaetano Salvemini) subì lo smacco più pesante e il grosso degli attacchi. Trattandosi, questo, di un argomento assai più delicato, conviene tralasciare questo discorso. La situazione non è tanto diversa ora come nel XIX secolo.

Napoli continua ad essere oltraggiata. Gli stereotipi di Napoli sono di gran lunga smentiti da tutti coloro che hanno deciso di gettare le fette di salame appiccicate agli occhi: Napoli vuol dire monnezza? La monnezza fu un fenomeno voluto da un terzetto composto da lobby di multinazionali-camorra-malapolitica. Si ignora ovviamente l'emergenza rifiuti di Milano nel 1995 o le Regioni che esportano monnezza da anni e invece, per qualche tonnellata esportata in Olanda, Napoli è su tutti i giornali; Napoli vuol dire delinquenza? E' ovvio. Napoli è la terza città più grande e importante d'Italia, è una capitale mondiale e inevitabilmente non è una città a misura d'uomo. Ma i reati di Napoli non sono assolutamente maggiori di quelli di Roma (la cui parabola ascendente dei reati è davvero allarmante), di Milano, di Genova o di Firenze; Napoli vuol dire mancanza di senso civico e inciviltà? Questo è vero solo parzialmente. Tutto viene di conseguenza dall'ambiente che l'individuo frequenta, da cui è influenzato di continuo. Ma, visto che tale argomento ha radici molto profonde, in cui dovremmo addirittura risalire alla Riforma Luterana del 1517, conviene tralasciare anche quest'argomento.

Un libro-denuncia degli abusi e delle violenze di cui il Sud è vittima prenderebbe, ben presto, forma di enciclopedia e non è il caso di parlarne su un blog. Volevo solo denunciare, per l'ennesima volta, che il popolino bue, il popolino provincialotto, tutto calcio e televisione, colpisce ancora, è la maggioranza. Così, anche dinnanzi a decine di morti e a famiglie distrutte, il loro pensiero va a prendersela con chi proprio non c'entra. In tal malato modo, ormai, ragiona la mente di una fetta di popolazione.

martedì 17 gennaio 2012

Meridionali africani? Forse sì, ma vediamo in che ottica

Trovo un'analogia molto spiccata tra gli africani, gli asiatici e i meridionali:




I primi hanno dato orgine all'umanità intera, sono stato i progenitori dei progenitori dei nostri padri. Da questo potrebbero trarre gloria e ricchezze, invece sono costretti ad emigrare e ad essere trattati come bestie, come rifiuti.


















I secondi hanno dato vita alle scienze tradizionali, all'ermetismo, all'alchimia, all'esoterismo. In Egitto, in India, in Cina, in Tibet si trovano i resti della più antica e savia conoscenza e virtù. Tutto questo oggi è ristretto solo ad una ristretta attività tra monaci eremiti elitari. Potrebbero essere trattati come principi, invece sono costretti ad emigrare e ad essere trattati come bestie, come rifiuti.












I terzi hanno insegnato la civiltà all'Europa moderna, locomotiva del mondo Occidentale, molto prima dell'Antica Roma. Il Sud Italia già era un ritrovo di antiche conoscenze ellenistiche, molte città sono state fondate ben prima di Roma, sono state terra di filosofi, matematici e geometri, hanno avuto un Regno indipendente e unitario per secoli, sono stati estranei alle guerre di religione e dinastiche dell'Europa del XVII secolo, avevano i sovrani e il Regno più sviluppato del mondo, sono stati distrutti, barbaramente colonizzati, usurpati e saccheggiati ed ora sono costretti ad emigrare, ad essere trattati come bestie, come rifiuti.



lunedì 2 gennaio 2012

Vi spiego la truffa e la totale inutilità del divieto di sparare i botti di capodanno

Augurando un sereno e prolifico 2012 a tutti i lettori, vorrei analizzare una questione che ha caratterizzato l'ultimo giorno del 2011 che, personalmente, mi ha davvero colpito e fatto molto riflettere: per la prima volta in Italia, sono stati vietati i botti di capodanno il quasi 2000 comuni.

L'iniziativa è partita da comuni del Nord: Venezia e provincia prima, Torino poi fino ad estendersi alla Toscana, all'Emilia e toccando il Sud con Bari, Palermo, Ercolano e Portici. Inutile dire che la campagna anti-botti sia stata un fiasco totale e, coloro che l'hanno indetta, dovrebbero come minimo dimettersi dopo la messa in evidenza di tale mancanza di autorità da parte loro.


La campagna anti-botti è stata appoggiata da una vasta schiera di animalisti, "pacifisti", preti e questori. Per la prima volta dopo anni ed anni, viene d'improvviso fuori il problema che i botti producono inquinamento e danni alla flora e alla fauna.

Tutto d'un tratto, viene fuori il lato buono e gentile dell'Italia civile che conta. Si sono organizzati nei modi più impensati per scovare i spacciatori di fuochi illegali e coloro che infrangevano il divieto. Le pene erano salatissime multe, ma non il carcere (tenete a mente questo per il discorso che verrà dopo).

Ma le statistiche del giorno dopo parlano di quasi 700 feriti in tutta Italia e due morti, uno a Roma, l'altro a Napoli (inutile dire che i tg hanno ragionevolmente ignorato gli otto feriti di Firenze, le mutilazioni, le risse, le coltellate e le guerriglie di Genova, gli arresti per esportazione di fuochi illegali a Verona e a Milano concentrandosi esclusivamente sul morto di Napoli e del mancato rispetto del divieto a Palermo, ma non ci facciamo più caso oramai..).

Ebbene, ora vi spiego le cause del fallimento e della dannosità mascherata di questo divieto:


  • Vietare una tradizione secolare e meridionale come quella dei botti è un ulteriore danno all'industria meridionale, essendo la stragrande maggioranza delle fabbriche di fuochi d'artificio al Centro-Sud. Il resto è quasi tutto d'importazione.
  • E' un'ipocrisia bella e buona creata per accontentare l'elettorato benpensante e perbenista. I botti non inquinano più di una coda di macchine ferme per due ore in autostrada e, al contrario delle auto, possono dar vita a spettacoli indimenticabili. Non vedo tanta dedizione all'ambiente da parte di sindaci e politicanti quando si tratta di acquistare l'ennesima auto blu, l'ennesimo jet privato e quando si vogliono costruire pale eoliche, nemico giurato di uccelli e panorami; per quanto riguarda gli animali, la loro natura impone loro di nascondersi in casi di pericolo e lo sapranno fare senz'altro egregiamente altrimenti risulteranno incompatibili con la vita. Gli animali uccisi, inoltre, risultano cani e gatti investiti da auto guidate a tutta velocità o ustionati da petardi selvaggiamente legati alla coda. Ma, con tutta la rabbia necessaria nell'ascoltare notizie di tale scempio e di tale cattiveria, la causa non risulta essere dei botti, ma dell'elevata quantità di alcool che circola per locali e discoteche. Bisognerebbe vietare lo champagne semmai !
  • Avendo spiegato, a parere del sottoscritto, con sufficienza la totale inutilità e,anzi, la dannosità di aver vietato i botti (cosa che nessun Paese civile fa! Basta visualizzare le immagini del capodanno di New York, Londra e Pechino per avere una dimostrazione pratica delle mie parole), è tragicomico segnalare che si è sbagliato anche... a sbagliare. Infatti, se i sindaci di questi 2000 comuni avessero voluto vietare sul serio i botti, avrebbero dovuto dichiarare fuorilegge tutte le fabbriche di botti, anche quelli legali. In tal modo, non avrebbero potuto esistere acquirenti onesti e così, chiunque fosse stato trovato in possesso anche della più piccola miccetta, avrebbe dovuto essere punito legalmente. Ma ciò avrebbe richiesto la distribuzione di un adeguato vitalizio, o almeno della garanzia di un lavoro con le stesse condizioni, ai lavoratori delle fabbriche di fuochi, legali fino a poc'anzi, senza contare l'enorme quantità di denaro persa con il mancato introito di botti che, essendo legali, devono essere approvati dallo Stato con un guadagno da parte di quest'ultimo. Scegliendo questo principio del non-intervento, promulgando questi decreti il 30-31 dicembre, quando la stragrande maggioranza di acquirenti di botti legali ha già portato a termine le proprie compere, lo Stato ha fatto sì che i soldi derivati dall'acquisto di botti gli entrassero comunque, sommando, così, i soldi entrati con le multe assegnate ai trasgressori del divieto. E questa, da che mondo è mondo, è proprio una truffa in piena regola.
  • Se il precedente punto è accettato, è facile far venir fuori un altro punto passato sotto silenzio. Mi sta bene che si cerchi di guadagnare sfruttando gli enormi capitali che si spostano per i botti di capodanno, specialmente al Sud dove i botti sono una religione vera e propria e ad essi sono collegati simbolismi, riti e scaramanzie. Ma quale sarebbe stata la mossa di un Ministro dell'Economia coraggioso ed intelligente? Quella di legalizzare i botti dichiarati illegali. In tal modo, si toglierebbe una grossissima fetta di mercato dalle mani della camorra, i botti verrebbero prodotti a regola d'arte (e non sfruttando la manodopera nordafricana) riducendo quasi a zero le possibilità di incidenti, e lo Stato godrebbe di flussi di denaro entranti da questa nuova attività. Ma questo non salta in mente a nessuno. E' un ragionamento talmente semplice che viene in mente persino a me. Prima ero convinto che non si facessero scelte impopolari per paura di perdere la poltrona, ma ora dovrebbero essere dei tecnici al governo, disinteressati al voto...
  • Infine, per le più banali norme di psicologia inversa, non si è mai sparato tanto in tutta Italia. Ciò dovrebbe essere noto anche ad un bimbo, ma, a quanto pare, sono concetti troppo difficili da capire.

Questa vicenda è passata disgraziatamente e prevedibilmente sotto silenzio. Quasi nessuno si è reso conto della barbaria, della vera barbaria, messa in atto n quei disgraziati 2000 comuni. Fa davvero piacere sentire che tanta gente ha ragionevolmente ignorato il divieto perché ci sono delle leggi fatte per essere infrante. Anche se Socrate non sarebbe stato d'accordo...