lunedì 21 maggio 2012

Caro Schifani, ti scrivo.

Egregio Onorevole Schifani,

Le scrivo questa lettera simbolica all'indomani del discusso episodio avvenuto durante la finale di Coppa Italia di calcio giocatasi tra Juventus e Napoli. Prima dell'inizio della partita, è stata chiamata la cantante Arisa ad intonare l'Inno di Mameli, sommersa di fischi.
Ciò ha suscitato lo sdegno Suo e della stampa nazionale, oltre che della cantante stessa. Durante l'intervallo, in un'intervista rilasciata a Rai 1, si è definisco "sconvolto" per quei fischi verso "un inno che deve unire, specie in questi giorni segnati da tragedie". La stampa e Arisa hanno seguito a ruota il canovaccio lanciato da Lei. "Brutto e inutile gesto", "incivili", "irrispettosi", "frustrati", "codardi", "ignoranti"; si sprecano, ormai, gli aggettivi usati per definire il gesto della tifoseria partenopea.

Eppure, tra tanti epiteti detti a vanvera, io li definirei in un'unico modo: orgogliosi. Ora, sicuramente le parrà strana questa mia definizione, preso da interrogativi e dilemmi esistenziali (come aumentare il mio vitalizio? Come far penetrare meglio le radici sulla mia poltrona?) ben più importanti della semplice Storia di un popolo .

Ebbene, Onorevole Schifani, deve sapere che la Storia di Napoli e del Sud in generale è ben diversa da quella scritta sui libri di storia italiana studiata a scuola. Non sto qui a spiegarLe questa Storia insabbiata e volutamente infangata. Sarebbe tempo perso e rischierei di mettere in secondo piano gli altri punti da trattare, senza contare che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. E' bene che sappia che, anche nella storiografia ufficiale, la verità riguardante un'unificazione non proprio condivisa, equa, giusta e solidale sta venendo a galla.

Ora, io sono una persona sempre molto realista (che, spesso e volentieri, viene confuso col pessimismo) e so bene che volere giustizia in Italia è un po' come pretendere la verginità da una prostituta. Per carità, non pretendo nemmeno che accada come Giappone, Francia e Germania in cui vige il culto degli sconfitti delle Guerre delle loro Storie; So bene che, come disse Einstein, è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio; Non pretendo assolutamente che si chiuda il Museo dello "scienziato"-killer Cesare Lombroso, ripudiato dalla comunità scientifica internazionale, osannato in Italia, che identificò lo stereotipo del perfetto criminale con i connotati del calabrese; che che scompaiano Piazze e Monumenti dedicati a noti assassini quali Garibaldi, Vittorio Emanuele e Cialdini. Non viviamo mica nel Mondo delle Fiabe!

Però, Onorevole, le chiedo solo di pensare, riflettere. Se non sbaglio di grosso, la Costituzione dice, a caratteri cubitali, che il popolo è sovrano. Ebbene, se una buona fetta di popolo ha deciso di fischiare un inno e viene etichettato come "balordo", "incivile", dalla politica e dalla stampa allora vuol dire due cose: a) Quella fetta non è da considerare popolo; b)Quel popolo viene sistematicamente ignorato. Temo, purtroppo, che valgano entrambe le ipotesi, con una leggera prevalenza della prima.

Ed è proprio questa la ragione che ha scaturito quei fischi. Se, anziché liquidare tutto con leggerezza e superficialità, si interrogasse sulle vere ragioni e, come Lei, tutti i governatori, a quest'ora l'Italia sarebbe sul tetto delle potenze economiche mondiali. Ma invece Lei non fa altro che perseverare nel vecchio gioco, questo sì molto molto italiano, di tapparsi le orecchie e chiudere gli occhi dove non conviene che si veda o si senta. Da quando l'Italia è nata il Sud è stato bistrattato e derubato. Grazie ad internet, la Verità sul Sud, su Napoli, è venuta a galla. Sempre più meridionali non si rispecchiano nell'inno, non lo sentono proprio, non lo vogliono. Ed etichettare tutto come inciviltà invece di ascoltare le ragioni di quelle persone è segno di prepotenza e di totalitarismo oltre che di crassa ignoranza.

Ora, io sono convinto che calcio, storia e politica siano un cocktail difficilmente miscibile e che uno sport non possa diventare una guerra o una manifestazione identitaria, anche a causa della scarsa preparazione culturale del frequentatore tipico di eventi calcistici. Per questo motivo non ho condiviso, anche se mi hanno fatto molto piacere, la presenza degli stendardi dell'antico Regno delle Due Sicilie, tanto demonizzato tra le pagine di storia, ma è un segno che il popolo napoletano non è più inerme, è cosciente della propria Storia affossata dallo Stato e dei suoi intrighi alle spalle.

In estrema sintesi: i fischi all'inno sono simbolo di insofferenza verso le istituzioni oppressive, verso lo Stato assente al Sud, verso la Storia bugiarda che infanga il Sud. In poche parole, è tutto ciò che avete nascosto sotto al tappeto e ora straripa, è il sassolino che diventa slavina, è il nodo che viene al pettine. E continuare ad ignorare simili segnali inequivocabili, se non si rivedono le politiche, la Storia, non si sa dove andremo a finire. Io noto un clima di Guerra Civile.

Fosse finita qui, Onorevole. Io mi rendo conto che Lei rappresenta la seconda carica dello Stato, fa parte di un partito di noti collusi con la camorra che ha tutto l'interesse nel tenere subordinato il Sud, rappresenta un partito che, fino a qualche mese fa, leccava i piedi a Borghezio, ha sostenuto una maggioranza che urlava in Parlamento:"Ho un sogno nel cuore, bruciare il tricolore" senza la minima indignazione e che, quindi, dovesse rispettare delle formalità dovute alla carica.

Ma allora, Onorevole, come mai non è stato equo nemmeno in tale prospettiva? Se il Suo compito è quello di condannare formalmente qualsiasi gesto che può sembrare troppo "spinto" come mai non si è accesa la Sua indignazione per il lancio di oggetti contundenti verso il settore napoletano dopo il vantaggio del Napoli? Come mai non si è indignato per i soliti, beceri, cori tipo:"Vesuvio, lavali col fuoco" e "Benvenuti in Italia" cantati da quasi 30 mila persone? Come mai non ho sentito la Sua indignazione per le, ormai, innumerevoli trasferte del Napoli nelle varie Firenze, Verona, Milano, Roma e la stessa Torino costellate da striscioni quali:"Ciao colerosi", "Vesuvio bruciali tutti" e "Sporchi terremotati"? Come mai la stampa non s'è indignata per simili scenari?

Non crede forse che questi siano oltraggi ben più gravi di una bordata di fischi all'inno nazionale? Non crede che l'Italia, se esistesse per davvero come Nazione e non come Commonwealth del Sud, uscirebbe dalle ossa rotte più da scenari come questi? Non crede, soprattutto, di aver infangato, con le sue parole, un nutrito gruppo di persone che esprimevano la propria opinione, concetto alla base di qualsiasi democrazia? Ah, già, dimenticavo, siamo in Italia, il Paese che invoca il Vesuvio e, appena accadono le tragedie, tutti scoppiano in lacrime di ipocrisia.

In fede,

The Dark Gladiator, un meridionale che vorrebbe essere italiano, ma non lo è per i diritti ed è più italiano di tutti quando si tratta di pagare.


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