mercoledì 18 gennaio 2012

Disastro Concordia? Colpa di Napoli naturalmente

E' passata quasi una settimana, ormai, dalla tragedia della nave da crociera Cosa Concordia. L'evento è stato assolutamente inspiegabile: pare molto difficile, con le moderne tecnologie, urtare uno scoglio o arenarsi su una secca per le navi di oggi. La faccenda è stata, inevitabilmente, strumentalizzata dai media nazionali onde trovare un argomento valido e, al contempo, "toccante" su cui far concentrare la popolazione, rendendola cieca e sorda a problemi più rilevanti (senza, con ciò, nulla togliere alla gravità della situazione o mancare di rispetto ai familiari delle vittime), metodo già adottato ampiamente, tra l'altro, per casi di cronaca come gli omicidi di Sarah Scazzi, Yara Gambirasio e Melania Rea.


Ma io vorrei mettere il fuoco della situazione su un punto che i media non hanno ritenuto, evidentemente, abbastanza rilevante. A causare il disastro è stato un comandante di nome Francesco Schettino, nato a Sorrento, lavoratore nella Costa Crociere dal 2006. Ora, non vorrei impiantare un discorso improvvisando il sottoscritto un marinaio provetto o un lupo di mare, pertanto non sarà certo un articolo basato su una critica del metodo di navigazione di Schettino. Sarà, altresì, scopo di questo articolo analizzare la superficialità e l'infamia tutta italiana.

Ai critici in questione non è mancato di sottolineare la provenienza geografica di Schettino. Un manipolo di persone, di discutibile cultura e umanità, non ha mancato di scagliarsi inferociti, accecati da un odio inspiegabile, sordo, manipolato verso il Sud e, in particolare, Napoli, città natale di Schettino. Costoro hanno imbottito i numerosi video disponibile su You Tube, a proposito della telefonata tra il capitano De Falco e il comandante stesso, di commenti assolutamente fuori luogo, privi della benché minima argomentazione, secondo i quali la spiegazione del disastro era da attribuirsi a Napoli e all'ignoranza, alla disonestà e alla pigrizia che contraddistinguono, a loro dire, la città partenopea.

Voglio sperare che, coloro che leggeranno quest'articolo, le mie parole appariranno insolite, perfino comiche. Come sarà possibile attribuire tutto questo al semplice fatto che Schettino sia napoletano? E, soprattutto, in che modo ha influenzato questa caratteristica? E, ancora, ponendo per assurdo che i commenti stracolmi di pregiudizio siano reali, come mai non vale lo stesso per De Falco, napoletano anch'egli, ma osannato, quasi santificato, suo contrario? Purtroppo, una simile reazione, ce l'avrà solo colui che è scevro da pregiudizi e idee preconcette fondate sulla sabbia bagnata. Ma, purtroppo, non tutti sono così fortunati. Vi spiego come è stato possibile un tale exploit di commenti tanto indegni, da meritare quasi l'arresto, per qualsiasi Paese, di un minimo, civile.










Torna utile, quindi, premettere che il Sud Italia (e Napoli in particolare), sono vittima di un continuo lavaggio del cervello mediatico. Non sto parlando di articoli o di denigrazioni da titoloni, o di notizie fondamentali. Sto parlando di frasi dette di sfuggita, come se ci fosse uno zimbello fisso, uno stereotipo platonico immutabile al quale, facendo di continuo riferimento, non si avrà mai l'occasione di cadere in errore. Ne potrei citare una marea. Un mese fa, un certo Pierluigi Diasco, opinionista discutibile de "La vita in diretta", rubrica pomeridiana di Rai 1, commentando il caso di una vittima di stalking che aveva denunciato la troppa libertà dell'accusato, aggiunse con sdegno:"Va bene che l'ambiente è Napoli, però..." come se Napoli fosse sinonimo di illegalità, di mancanza di senso delle regole e di ingiustizia diffusa;

Arturo Brachetti, intrattenitore trasformista, fu derubato dell'orologio a Lugano e scrisse, sul suo profilo Facebook,:"Mi hanno derubato manco fossi a Napoli"; Gene Gnocchi, comico sportivo, pronunciò l'infelice battuta:"Mazzarri ha annunciato il turn-over: domenica verranno derubate solo le mogli delle riserve" ignorando ragionevolmente i furti ben più clamorosi avvenuti a Torino, a Milano, a Firenze e a Roma, prerogando il furto solo per Napoli; Enrico Brignano, comico romano, durante un suo spettacolo, recitò uno sketch in cui imitava i dialetti italiani: arrivato al napoletano (non sapendo che è una lingua riconosciuta dall'UNESCO e non un dialetto) pronunciò le seguenti parole: "Munnezza"; "Puzza"; "Camorra"; "Mariuolo (ladro)".

Potrei continuare a lungo su questa strada e vi assicuro che di esempi ne conosco parecchi. La denigrazione del Sud ha origini relativamente recenti, più precisamente nel periodo immediatamente precedente il Risorgimento, che ha visto oggetto l'intero Meridione, costituente uno Stato immensamente più ricco, benestante e avanzato degli altri, la cui capitale Napoli fu addirittura assassinata (secondo la citazione di Gaetano Salvemini) subì lo smacco più pesante e il grosso degli attacchi. Trattandosi, questo, di un argomento assai più delicato, conviene tralasciare questo discorso. La situazione non è tanto diversa ora come nel XIX secolo.

Napoli continua ad essere oltraggiata. Gli stereotipi di Napoli sono di gran lunga smentiti da tutti coloro che hanno deciso di gettare le fette di salame appiccicate agli occhi: Napoli vuol dire monnezza? La monnezza fu un fenomeno voluto da un terzetto composto da lobby di multinazionali-camorra-malapolitica. Si ignora ovviamente l'emergenza rifiuti di Milano nel 1995 o le Regioni che esportano monnezza da anni e invece, per qualche tonnellata esportata in Olanda, Napoli è su tutti i giornali; Napoli vuol dire delinquenza? E' ovvio. Napoli è la terza città più grande e importante d'Italia, è una capitale mondiale e inevitabilmente non è una città a misura d'uomo. Ma i reati di Napoli non sono assolutamente maggiori di quelli di Roma (la cui parabola ascendente dei reati è davvero allarmante), di Milano, di Genova o di Firenze; Napoli vuol dire mancanza di senso civico e inciviltà? Questo è vero solo parzialmente. Tutto viene di conseguenza dall'ambiente che l'individuo frequenta, da cui è influenzato di continuo. Ma, visto che tale argomento ha radici molto profonde, in cui dovremmo addirittura risalire alla Riforma Luterana del 1517, conviene tralasciare anche quest'argomento.

Un libro-denuncia degli abusi e delle violenze di cui il Sud è vittima prenderebbe, ben presto, forma di enciclopedia e non è il caso di parlarne su un blog. Volevo solo denunciare, per l'ennesima volta, che il popolino bue, il popolino provincialotto, tutto calcio e televisione, colpisce ancora, è la maggioranza. Così, anche dinnanzi a decine di morti e a famiglie distrutte, il loro pensiero va a prendersela con chi proprio non c'entra. In tal malato modo, ormai, ragiona la mente di una fetta di popolazione.

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