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venerdì 30 novembre 2012
La diffidenza e il pregiudizio Piemontese descritti anche nel Gattopardo
La concezione del Sud posseduta da chi pretende di essere chiamato patriota, la freddezza, la diffidenza, il pregiudizio degli "illuminati governatori", degli "amanti della libertà" piemontese è ben descritta in molti testi e in molti documenti. Nella varia letteratura, vorrei farvi leggere questo estratto del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa:
"La corriera giunse sul far della notte con la sua guardia armata a cassetta e con lo scarso carico di volti chiusi. Da essa discese anche Chevalley di Monterzurolo, riconoscibile subito dall'aspetto esterrefatto e dal sorrisetto guardingo; egli si trovava da un mese in Sicilia, nella parte più strenuamente indigena dell'isola per di più, e vi era stato sbalzato dritto dritto dalla propria terricciuola del Monferrato. Di natura timide e congenitamente burocratica si trovava molto a disagio.
Aveva avuto la testa imbottita da quei racconti briganteschi mediante i quali i Siciliani amavano saggiare la resistenza nervosa dei nuovi arrivati e da un mese individuava un sicario in ciascun usciere del proprio ufficio ed un pugnale in ogni tagliacarte di legno sul proprio scrittorio; inoltre, la cucina all'olio aveva da un mese posto in disordine le sue viscere.
Adesso se ne stava lì, nel crepuscolo, con la sua valigetta di tela bigia e guastava l'aspetto privo di qualsiasi civetteria della strada in mezzo alla quale era stato scaricato; l'iscrizione "Corso Vittorio Emanuele" che con i suoi caratteri azzurri su fondo bianco ornava la casa in sfacelo che gli stava di fronte, non bastava a convincerlo che si trovasse in un posto che dopo tutto era la sua stessa nazione;
e non osava rivolgersi ad alcuno dei contadini addossati alle case come cariatidi, sicuro di non essere compreso e timoroso di ricevere una gratuita coltellata nelle budella sua che gli erano care benché sconvolte. [...]
A cena mangiò bene per la prima volta da quando aveva toccato le sponde sicule, e l'avvenenza delle ragazze, l'austerità di Padre Pirrone e le grandi maniere di Don Fabrizio lo convinsero che il palazzo di Donnafugata non era l'antro del bandito Capraro e che da esso sarebbe probabilmente uscito vivo; ciò che più lo consolò fu la presenza di Caviraghi che, come apprese, abitava lì da dieci giorni ed aveva l'aria di star benissimo ed anche di essere un grande amico di quel giovanottino Falconieri, amicizia questa tra un siciliano ed un lombardo che gli apparve miracolosa"
giovedì 17 novembre 2011
Risposta a Beppe Severgnini nella rubrica "Italians" sull'Unità d'Italia
Aprendo "Sette", il settimanale del Corriere della Sera in edicola tutti i giovedì, mi trovo a leggere questa lettera inviata da un certo Umberto Brusco alla rubrica Italians di Beppe Severgnini.
Il nome della lettera non poteva che attirare la mia attenzione: era intitolata "Chi ha voluto l'Unità d'Italia" e il testo è il seguente:
Caro Severgnini, ho appena finito di leggere il libro di Lorenzo Del Boca Polentoni, sottotitolo Come e perché il Nord è stato tradito, e quello di Pino Aprile Terroni, sottotitolo Tutto quello che è stato fatto perchè gli italiani del Sud diventassero meridionali.
Da entrambi si evince che i soli piemontesi, coadiuvati dai loro cugini francesi, volessero l'Unità d'Italia. Il Veneto stava meglio con gli austriaci e il Sud con i Borboni. Le mie domande: chi è che ha voluto l'unità d'Italia a parte i piemontesi? Perché a scuola i testi sul Risorgimento sono ancora così poco fedeli?
Domanda giustissima ed elegante a mio avviso di chi gli ha chiesto, in termini più rozzi, "Chi li vuole 'sti veneti? E perché non si parla della grandezza di Napoli?"
Ed ecco la risposta di Beppe Severgnini:
E se a esser poco fedeli fossero certi libri a tesi? Sarei pronto a scommettere che, alla domanda secca in un referendum ("Volete rinunciare all'Italia unita?"), la maggioranza di noi risponderebbe "No!". Certo, i problemi ci sono e sono grandi: ma le responsabilità sono di tutti. Il clamoroso ritardo del Sud-caso unico tra le regioni svantaggiate d'Europa-è un fallimento collettivo: di tutti noi italiani, dovunque abitiamo e siamo nati. E invece no, non lo vogliamo ammettere. Il nostro motto - da cucire sul tricolore - non cambia mai: "E' stata tua la colpa!". Tanti settentrionali accusano i meridionali, molti meridionali sospettano dei settentrionali, tutti additano il Centro (Roma). E' un modo per non assumersi le proprie responsabilità. E questo sì è davvero molto italiano.
Il sottoscritto non è capace di star zitto leggendo queste cose, per cui stamattina stesso gli ho inviato il seguente messaggio:

Ho scritto nel post, in breve per limite di spazio, tutto ciò che volevo dire. Io torno a ripetere che non credo nei vangeli né nelle Bibbie per cui non prendo per oro colato ciò che è scritto in qualsiasi libro o su internet. E chi mi conosce e chi ha letto anche i miei post precedenti sa bene le misure, talvolta drastiche, che prenderei
nei confronti di meridionali e soprattutto napoletani che non rispettano la propria città e le regole di convivenza civile e morale. Eppure io abbraccio la gran parte delle teorie che vedono il Sud come una grande potenza e ora ridotto in miseria da un manipolo di delinquenti che perseverano negli stessi errori, danneggiando anche se stessi pur di non avvantaggiare l'altro.
E io mi reputo essere un grande responsabile. La riscoperta della grandezza delle mie origini mi ha portato ad avere più rispetto, più civiltà per chi mi sta intorno e per la mia terra e se l'ho fatto io, non capisco perché non debbano farlo anche gli altri. Ci rifletta ancora signor Severgnini.
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